Fino al 13 ottobre il De Appel Arts Centre di Amsterdam ospita la mostra Artificial Amsterdam, curata dal cubano Gerardo Mosquera (tra i fondatori della Biennale dell'Avana) e dallo storico dell'arte olandese Rieke Vos. Diversi artisti che vivono o hanno vissuto per un periodo nella capitale olandese, o che hanno con la città un legame particolare, forniscono la propria visione di una realtà urbana complessa e sfaccettata. Amsterdam, con i suoi contrasti e i suoi mille volti, ben si presta a una riflessione su come l'arte possa contribuire a modificare la percezione di un contesto metropolitano, innescando dinamiche di costruzione identitaria e smontando stereotipi largamente diffusi. Le opere in mostra invitano a osservare la città da una molteplicità di punti di vista e a mettere in discussione miti e convenzioni, per riscoprire e ripensare il territorio, trasformando la città stessa in una grande opera d'arte collettiva. Così alla dimensione abitativa, oppure a quella turistica, si sovrappongono modalità differenti di entrare in relazione con gli spazi urbani: l'approccio degli artisti è a volte intimo e personale, a volte spontaneo e inaspettato, in alcuni casi profondamente razionale, in altri emotivo e viscerale. Il film di Lawrence Weiner Plowmans Lunch, prodotto dal De Appel Arts Centre nel 1982, mescola una caricaturale e canzonatoria rappresentazione del dibattito sull'arte e sulle teorie estetiche a bozzetti di vita di individui eccentrici alla ricerca di una via di fuga sulle acque di Amsterdam. La video animazione di Cristina Lucas crea una spiazzante corrispondenza tra le composizioni geometriche e razionali di Mondrian e l'erotica sensualità della danza, evocativa delle atmosfere del Red Light District. Ed van der Elsken costruisce un suggestivo ritratto di Amsterdam negli anni Ottanta, filmando luoghi e personaggi incontrati girovagando nel cuore della città. Kuang-Yu Tsui si interroga sull'eterna lotta tra gli olandesi e il mare con la sua innata ironia, giocando con i codici di comportamento e i cerimoniali sociali. Mounira Al Solh, dopo aver visitato per diversi giorni Amsterdam in compagnia di un gruppo di persone scarsamente alfabetizzate, crea una particolare guida della città, che mette in evidenza l'influenza del linguaggio scritto nell'esperienza e nella percezione del territorio. Il monumentale disegno murale di Jan Rothuizen, realizzato per la sala centrale del De Appel, racconta la storia dell'edificio che oggi ospita il centro per le arti, un tempo sede del club Fantasio, uno tra i più importanti locali underground olandesi, dove si esibirono note band come i Pink Floyd.
Lo sguardo degli artisti crea sempre una frattura, uno squarcio nell'ordinario: da questa polifonia di visioni emerge un'immagine di Amsterdam come vivace centro culturale, che contribuisce a rinnovare e amplificare la sua attrattività. Questo tipo di iniziative infatti, al di là dell'intrinseco valore culturale, esercita un'evidente azione positiva di rinforzo nel processo di qualificazione del territorio, per esempio rimodellando l'offerta turistica in relazione alle esigenze emergenti, armonizzando la realtà amministrativa con i cambiamenti sociali in atto, aggiornando le strategie di vendita sulla base delle richieste del mercato e dei nuovi trend di gusto. Esiste una versione "artificiale" di Amsterdam, creata dalle campagne di marketing, costruita sulle bellezze storiche e architettoniche della città, sul fascino dei suoi canali, sui capolavori di Van Gogh, sugli zoccoli e sui mulini a vento, sulla vita notturna e sulla politica di tolleranza verso le droghe leggere. Ma non c'è immaginario urbano, anche se stratificato, che possa resistere inalterato nel tempo: la formula più riuscita ha comunque la necessità di adeguarsi alle inevitabili modificazioni antropologiche che si succedono nel corso della storia. L'arte e la cultura in generale hanno un ruolo di primo piano nella delicata manovra necessaria per coniugare l'universo contemporaneo e il passato, i mutamenti del presente e la conservazione della memoria. Non si può essere cittadini del mondo senza consapevolezza identitaria: l'integrazione e il multiculturalismo passano necessariamente per una prospettiva glocale. In assenza di un legame culturalmente fondato con i luoghi di appartenenza è impossibile che un popolo riesca a dotarsi degli strumenti necessari per aprirsi all'esterno. Forse proprio la disaffezione, il disinteresse e l'indifferenza nei confronti di una ricchissima tradizione culturale sono tra i motivi che condannano tanti italiani (purtroppo anche una parte della nostra classe dirigente e intellettuale) all'isolamento e al provincialismo. Da questo punto di vista si potrebbe imparare molto da realtà cosmopolite come quella olandese.
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