A Madrid, dal 29 maggio al 7 settembre 2014, il centro culturale La Casa Encendida, diretto da José Guirao, ospita la mostra Variaciones sobre el jardín japonés, che si trasferirà poi a Granada dal 19 settembre 2014 al 15 gennaio 2015, presso la Fundación Rodríguez-Acosta. Il progetto, a cura di Alicia Chillida, si presenta come una puntuale riflessione sul secolare dialogo tra l'Oriente e l'Occidente, fonte preziosa e inesauribile di spunti per l'arte contemporanea, in un'epoca decisamente incline alla commistione di linguaggi e forme espressive. Nello stesso tempo le atmosfere e i rimandi di senso messi in campo possono essere considerati un invito a indulgere nella contemplazione: in fondo visitare una mostra o passeggiare in un giardino sono in un certo senso esperienze simili, in quanto capaci di offrire momenti di appagamento estetico e di pace spirituale. Il percorso espositivo, per riprendere la metafora musicale del titolo, è studiato in modo tale che le opere siano percepite come possibili variazioni sul tema dell'"eternamente moderno", concetto che si deve al maestro Mirei Shigemori (1896-1975), uno dei più importanti garden designer giapponesi, nonché studioso e cultore di antiche tradizioni, dalla calligrafia, all'ikebana, alla cerimonia del tè. Con le parole "eternal modern" o "timeless modernity" Shigemori intendeva suggerire un perfetto bilanciamento tra stile classico e stile contemporaneo, elemento essenziale per raggiungere l'equilibrio necessario al manifestarsi della pura bellezza. Tutto l'impianto teorico della mostra di Chillida è fondato proprio sulle teorie e sul lavoro di Shigemori, che può essere ammirato in tutte le sue declinazioni e costituisce il basso continuo sul quale si innestano i contributi di artisti come Lucio Fontana, Richard Serra e Walter de Maria, quasi a voler dimostrare come la dicotomia che ha contrapposto in passato un Oriente "immutabile" a un Occidente "dinamico" sia oggi superata. Infatti la cifra del dialogo contemporaneo tra tradizione e innovazione va ben oltre ogni connotazione locale: è sufficiente pensare al modo in cui, solo per fare qualche esempio, la ricerca e i percorsi sperimentali di Yoko Ono o di John Cage (entrambi presenti in mostra) abbiano saputo coniugare la spiritualità Zen con l'attitudine antagonista, attivista e instancabilmente innovatrice delle neoavanguardie europee e americane per comprendere quanto la reciprocità culturale abbia contribuito a plasmare l'identità intellettuale di alcune delle menti più brillanti dei nostri tempi. Così la raffinata tradizione giapponese potrebbe diventare una valida chiave di lettura per guardare da un punto di vista diverso all'armonia dell'antichità classica greca e romana, mentre l'appropriazionismo e il citazionismo postmoderni potrebbero essere considerati strumenti per interpretare le mille sfaccettature del talento giapponese per l'imitazione. Come ha scritto Mitsuaki Shigemori, nipote di Mirei, nel suo testo per il catalogo della mostra: "Il mondo è ancora pieno di misteri irrisolti. Anche se mettessimo insieme le migliori intelligenze che il genere umano ha prodotto, dubito che saremmo capaci di afferrare l'arte in tutta la sua complessità. Tutto quello che possiamo fare è trascendere i limiti del tempo e i confini territoriali per vedere e sentire che le più diverse opere d'arte hanno qualcosa in comune. Prima che la razza umana si imbatta in più grandi e insormontabili ostacoli, se intendiamo raggiungere un più alto grado di consapevolezza delle nostre potenzialità nascoste, dovremmo sforzarci di rinsaldare i legami tra le persone. Non sappiamo dove termina l'universo. Ma la Terra è rotonda e pure il sistema solare è circolare. Di sicuro anche per noi tutti deve esistere un punto di connessione da qualche parte".
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