mercoledì 25 aprile 2012

Mens sana in corpore sano

Esistono molti modi di dipingere, ma la gamma delle possibilità è delimitata agli estremi da un binomio di opposti: da un lato un approccio fisico alla pittura, dall'altro un processo creativo mentale. La pittura "fisica" è osservazione della realtà e traduzione in segno di memoria e emozione. Per questo motivo tende inevitabilmente alla figurazione. Da quando la fotografia e il cinema hanno fornito una risposta più convincente all'esigenza di riprodurre la realtà, la pittura "fisica" ha perso la propria funzione originaria, ma continua (e probabilmente continuerà per sempre) a esercitare una forte fascinazione, poiché risponde all'istinto primordiale e infantile della rappresentazione del sé e dell'altro da sé attraverso un codice iconico e per questo immediato. La pittura come ricerca puramente mentale è tensione ideale e, nel contempo, sfida razionale per il superamento dei vincoli imposti dalle capacità umane di percezione e rielaborazione degli stimoli. L'approccio mentale alla pittura produce astrazione: l'artista si confronta con i propri limiti e, accettandoli, scopre l'Infinito. Mentre le tecniche di rappresentazione della realtà si sono evolute e perfezionate per addizione, la pittura astratta e puramente mentale è incline a progredire per sottrazione, al punto che molta arte post-duchampiana, dal concettuale alle sue derivazioni, ha completamente abbandonato tela e pennelli per puntare i riflettori sul pensiero e sui processi creativi. Sembra lecito allora porsi alcune domande. Ha ancora senso dipingere? Dopo il quadrato nero di Malevič cosa ha da dire oggi la pittura astratta? Quale approccio, quello fisico o quello mentale, è più contemporaneo? Questioni così complesse non ammettono risposte definitive ma richiedono, come sempre nella vita, la capacità di individuare il giusto mezzo, l'aurea mediocritas oraziana, per escogitare soluzioni in grado di non mortificare il corpo e contemporaneamente di stimolare la mente.
Imbattersi nel lavoro di un artista che sappia camminare con equilibrio da acrobata sul filo teso tra le due anime dell'umano sentire è evento raro. Vale quindi la pena di visitare la mostra di Marco Tirelli presso il MACRO Testaccio a Roma. L'artista romano ha illustrato la propria concezione dell'arte con le metafore dell'emersione e del volo. Negli ampi padiglioni dell'ex-mattatoio le opere di Tirelli avvolgono leggere l'osservatore sospendendolo a mezz'aria. Nessuno vuole fare la fine di Icaro, ma si potrebbe intanto imparare a nuotare quel poco che basta per galleggiare, per non affogare.

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